L’identità di genere l’ultimo grande traguardo!
1982 ad Oggi: Il Genere come categoria Sociale
Nuovi presupposti teorici hanno mosso la ricerca degli ultimi anni nel campo della Psicologia di Genere: il genere come costrutto multidimensionale e il contesto sociale nel quale questo si manifesta. Quest’ultimo influenza negativamente l’aspettativa di ruolo legata all’appartenenza biologica di genere.
Spence e Sawin superano la visione bidimensionale di genere e ritengono che i tratti evidenziati nella ricerca di Bem non definiscano l’identità complessiva femminile o maschile ma contribuiscono solo a generare la propria immagine di sé.
Ruoli, stereotipi e atteggiamenti sesso corelati possono influenzare la propria identità di genere ma non coincidono con essa. L’individuo attinge a numerosi fattori per costruire il proprio profilo come: tratti di personalità culturalmente definiti, attitudini, attributi fisici, abilità e preferenze professionali.
La Helgeson, nel 1985, prende spunto da queste intuizioni e conduce uno studio con i suoi studenti universitari e le loro famiglie.
I soggetti dovevano descrivere i profili di un uomo mascolino, una donna mascolina, un uomo femminile, una donna femminile.
Le caratteristiche di femminilità e mascolinità venivano valutate su tratti di personalità, interessi, o aspetto fisico.
I risultati emersi dimostrano come l’idea dei due aspetti siano influenzati da credenze socialmente diffuse. Ad esempio i tratti di mascolinità individuati per il profilo maschile risultavano essere unicamente positivi e socialmente desiderabili (es. ben vestito) in confronto a quelli designati per la donna mascolina (es. menefreghista, brutta, ostile). Al contrario Il maschio femminile vantava sia caratteristiche positive (ad esempio, loquace, emotivo, creativo) sia caratteristiche negative (ad esempio, insicuro, debole).I risultati della ricerca risentono fortemente della composizione del campione utilizzato: famiglie americane, etnia Caucasica, classe media.
Questo dimostra come non solo il contesto sociale influenzi i tratti di personalità degli individui nella definizione della loro femminilità o mascolinità ma anche come le stesse definizioni influenzino la comunità scientifica nella predisposizione dei parametri delle ricerche di genere. Studi più accurati avrebbero bisogno di poter includere anche l’opinione di etnie, religioni, età e classi socioeconomici differenti.
A pochi anni di distanza, le teorizzazioni in questo campo si orientano verso la concezione che l’identità di genere derivi dall’interazione del singolo con il contesto sociale e gli individui. È quindi l’esperienza, intesa come espressione di vita, a indirizzare le persone verso la definizione di sé come uomo o donna.
Oggi, questo pensiero, estrapolato dal contesto scientifico e dato in pasto alla “massa”, contribuisce alla demonizzazione delle adozioni da parte delle coppie gay. Un bambino, cresciuto da genitori omosessuali, “potrebbe” non avere scelta nell’autodefinizione del proprio orientamento e della propria identità sessuale, avendo come punto di riferimento un modello coniugale dove è naturale l’amore tra individui dello stesso sesso.
È ovviamente una banalizzazione, priva di fondamento scientifico che distorce inoltre l’ideologia del costruttivismo sociale.
La realtà è socialmente costruita, è una mediazione tra le percezioni soggettive degli individui che la compongono ma se queste percezioni sono deviate dal pregiudizio ne consegue una realtà pre-giudicante e non aperta al cambiamento.
Questo sistema “chiuso”, innalza barriere contenitive che limitano la libertà d’espressione e che contribuiscono alla nascita di psicopatologie sesso-definite.
Gli effetti di questa società così rigidamente definita nelle caratteristiche maschili e femminili sono riassunti nel lavoro di Joseph Pleck. Vivere senza riuscire ad aderire alle aspettative dettate dal contesto sociale provoca nell’individuo un’enorme sofferenza. La collettività non solo definisce compiti e responsabilità sociali legati all’identità maschile e femminile ma prescrive anche caratteristiche di personalità ed emozioni legate al genere.L’inibizione dell’espressione emotiva rientra nelle qualità che un uomo dovrebbe possedere, mentre la donna deve mostrare marcatamente la sua femminilità. Non conformarsi ai requisiti prescritti comporta una forte sofferenza sul piano psichico ed emotivo, nonché una dissonanza nella definizione della propria identità di genere.
Inoltre disattendere le aspettative della società produce da parte della stessa un feedback negativo che si riflette su una costruzione negativa di Sé.
La Teoria della Discrepanza di Ruolo e la Teoria delle Caratteristiche Sociali Disfunzionali descrivono proprio come questo divario tra il profilo atteso e il profilo reale dell’individuo possa creare un reale trauma che innesca risposte stressanti di tipo disadattivo.La ricerca sui ruoli definiti dal genere si è rivolta soprattutto al mondo maschile e alle modalità di interazione fra loro. Le limitazioni nell’espressione delle relazioni provocano effetti addirittura dannosi per la salute. Il “codice maschile”, più di quello femminile, vieta all’uomo di mostrarsi vulnerabile sia psicologicamente che fisicamente per il timore di essere etichettato come gay. Gli effetti di questi condizionamenti sono differenti non solo per gli uomini di culture diverse, ma anche per uomini di diverse fasce di età e gli uomini di diversa estrazione razziale.
Il Male Role Norms Inventory (Levant & Fischer,1998) indaga sette regole dell’atteggiamento tipicamente maschile:
- Evitare di apparire femminili
- Essere omofobi
- Essere autonomi
- Mostrare aggressività
- Ricercare il successo
- Non essere emotivi
- Mostrare interesse per il sesso
I risultati nelle differenti etnie mostrano come gli Afroamericani abbiano conseguito un punteggio più alto rispetto agli Americani bianchi, mentre gli uomini Latini si collocano tra i tra i due gruppi. Altre culture come la Cina, il Giappone, il Pakistan e la Russia risultano aver realizzato un punteggio superiore a quello degli uomini Americani (Levant & Richmond, 2007).Per quanto riguarda gli Afroamericani, questi risentono del forte divario sociale che li pone in una posizione svantaggiata rispetto agli Americani Caucasici, difatti disoccupazione e delinquenza sono maggiormente diffusi in questo gruppo etnico rispetto a quello degli Americani bianchi.
Nel 1992, B.L. Gillespie e R.M. Eisler focalizzarono i loro studi sul mondo femminile, identificando cinque peculiari inclinazioni:
- Paura di relazioni anaffettive
- Insicurezza circa l’aspetto fisico
- Timore di persecuzioni
- Paura di comportarsi in modo assertivo
- Timore di non essere abbastanza affettuose
Questi atteggiamenti sono strettamente correlati con le sindromi depressive.
Per McIntosh e colleghi (1994), tra gli studenti della facoltà di legge dell’University of Michigan, a sperimentare tensioni maggiori durante il primo anno di università erano le donne. Questo si rifletteva in una diminuzione dello stato di salute e in un aumento dei livelli di depressione. Le due cause principali sono da individuare in una disparità di trattamento rispetto agli uomini e in una diminuzione del tempo trascorso con il proprio partner e familiari.
Quest’ultimo fattore riflette l’ancora attuale divario che c’è tra la possibilità di realizzazione personale e il mantenimento degli obblighi femminili all’interno dei rapporti con il partner e la propria famiglia.
CONSIGLI PER LA LIBRERIA:
Spence, J.T., L.L. Sawin, Images of masculinity and femininity: A reconceptualization, in V.E. O’Leary, R.K. Unger, B.S. Wallston, Women, gender, and social psychology, Hillsdale, 1985 (pp. 35–66)
.J.H. Pleck, The gender role strain paradigm: An update, in R.F. Levant, W.S. Pollack, A new psychology of men, New York, 1995
V. S. HELGESON, The Psichology of gender, Pearsons, 2012 4°, 2001, p. 62
D.N. McIntosh, J. Keywell, A. Reifman, P.C. Ellsworth, Stress and Health in First-Year Law Students: Women Fare Worse, in «Journal of Applied Social Psychology», Volume 24, Issue 16, 1994, (pp.1474–1497)