La doppia sofferenza della Sindrome di Münchhausen per procura.
Il Barone di Münchhausen, nobile tedesco vissuto nel ‘700, è noto al grande pubblico per aver ispirato l’omonimo romanzo. Una raccolta di racconti avventurosi e fantastici di cui il barone sembra esserne protagonista. Questo eccentrico personaggio, amava intrattenere i suoi ospiti narrando incredibili e inverosimili gesta: viaggi sulla luna, volo a cavallo di una palla di cannone, mostri marini. Storie immaginarie portate anche sul grande schermo da T. Gilliam in un bellissimo film del 1988.
Quello però che in pochi sanno è che questa forma di fantasia estrema quasi patologica ha fatto sì che il nome del Barone venisse utilizzato per definire chi, nell’estremo bisogno di ottenere attenzioni, si procura del male per farsi credere malato dagli altri.
La Sindrome di Münchhausen è un reale disturbo psichiatrico che si discosta dall’ Ipocondria. In quest’ultima la persona crede realmente di essere affetto da qualche patologia, mentre chi soffre di tale sindrome ha solo un bisogno viscerale di ottenere compassione e simpatia dagli altri.
I racconti di questi pazienti sono intrisi di elementi fantastici che discostano dalla vita reale e dal loro contesto di appartenenza, i sintomi riferiti sono spesso in contraddizione tra loro, le versioni delle anamnesi riportate cambiano e sono frequenti i ricoveri ospedalieri presso strutture spesso differenti.
Questo disturbo è legato a un’altra patologia il cui nome deriva ancora una volta dalla storia del Barone, il cui figlio (Polle) morì in circostanze ambigue. Si tratta della Sindrome del Barone di Münchhausen Per Procura (MSP o appunto Sindrome di Polle).
In questo caso, a riportare un danno significativo, sono proprio i bambini, nella speranza per il genitore di riuscire a riscuotere ammirazione e stima per le cure fornite ai propri figli.
Sono situazioni drammatiche in cui spesso la famiglia è complice silente, più o meno consapevole.
In ambito giuridico, questa patologia viene inserita tra altre forme di Ipercuria (ovvero eccesso di cure) e viene classificata come forma di maltrattamento e abuso su minore.
Solitamente questo disturbo colpisce le madri che recano danni fisici ai figli più piccoli, non vi sono opinioni concordanti sull’intenzionalità conscia o inconscia di chi commette abuso.
Non è semplice, inoltre, per il professionista individuare i segni che portano allo smascheramento di questo “gioco” perverso in quanto il medico è incline a credere ai racconti di un genitore preoccupato.
La MSP si esplicita attraverso tre tipi differenti di abuso a carico di tre tipologie differenti di madri:
HELP SEEKERS: donne che ricercano aiuto psicologico per se stesse esprimendo preoccupazione per la salute del proprio figlio. Sono spesso madri sole o con gravidanze inattese.
ACTIVE INDUCERS: sono madri che attraverso azioni dirette (comuni avvelenamento, iniezioni e soffocamento) provocano i sintomi della malattia, spesso con effetti drammatici. Depresse e ansiose si dipingono come madri perfette, durante le visite controllano l’operato dei medici che si occupano dei figli.
DOCTORS ADDICTS: sospettose e diffidenti credono realmente che il proprio figlio sia malato. Non accettano diagnosi da parte dei medici che non confermino la presenza di una malattia ma fortunatamente non mettono in atto nessuna azione concreta che possa causare un danno fisico al bambino.
Un sottotipo di MSP vede la sindrome ripetersi serialmente, su più figli di una stessa famiglia.
È frequente che i bambini si ammalino circa alla stessa età del fratello precedente.
Ciò che colpisce particolarmente è il profilo “standard” della madre MSP. Donna colta appassionata di medicina, spesso ha alle spalle un percorso di studi inerente o è solita leggere articoli di settore e seguire in tv medical drama.
Assume un atteggiamento collaborativo nei confronti dello staff sanitario che si occupa dei figli e usa nei suoi resoconti un linguaggio preciso e accurato.
Sul piano psichico le ragioni che portano all’insinuarsi di questa sindrome sono moltiplici.
Il senso di inadeguatezza come genitore necessita di una compensazione e realizza così le condizioni che lo mettono nella posizione di definirsi un buon caregiver attraverso la cura del figlio malato.
Inoltre sentimenti contrastanti prendono vita in questo legame nocivo. Da una parte la paura e l’ansia che il proprio figlio possa avere un male terribile spingono la madre a comportamenti iperprotettivi, dall’altra parte, invece, l’aggressività verso il bambino vissuto come persecutore (o come parte negativa del Sé) spinge la donna a trasformarlo nel bersaglio di atteggiamenti punitivi e lesivi.
Altre teorie, invece, vedono la necessità di richiamare l’attenzione per eccesso di insicurezza o la possibilità di vendicarsi del partner attraverso la violenza sul figlio.
Ad ogni modo, quello che è certo è che l’evoluzione di questa patologia ha conseguenze spesso tragiche e che la violenza non sempre si manifesta in maniera eclatante.
CONSIGLI PER L’HOME CINEMA: M. Night Shyamalan, Il Sesto Senso, 1999